29/04/13

Sostiene civati

Sostiene Civati  che il governo con il pdl non andava fatto. Perché é un accordo che é contrario ad ogni dichiarazione fatto dal pd in campagna elettorale.
Sostiene Civati che non si può cambiare rotta a 360 gradi, senza coinvolgere iscritti e simpatizzanti.
Sostiene Civati che questo governo si fonda sul tradimento politico e morale dei 101 parlamentari.
Sostiene Civati  che proprio non esiste l'idea di fare un governo stabile e sine die con il pdl e che il massimo del minimo era un governo di scopo.
Questo ho capito che sostiene Civati, da solo, nel gruppo parlamentare del pd. Ma tra iscritti ed elettori siamo in molti a sostenerlo.
E allora facciamo sentire a Civati il nostro sostegno. Io sostengo Civati che si astiene dalla fiducia in parlamento.
E tu, sostieni Civati?

29/03/13

Di lealtà e fedeltà

Non confondiamo la lealtà con la fedeltà. Lealtà è stata sostenere Bersani dal giorno dopo le primarie sino ad oggi. Perché se stai in un partito democratico accetti le decisioni della maggioranza dei simpatizzanti. La lealtà è un concetto razionale, perché senza rispetto delle regole un partito non funziona, oppure non è un partito ma un pretesto per personalissime ambizioni. La lealtà è anche un concetto morale, di chi si assume dei doveri che spesso contrastano con i desideri. 
La fedeltà è invece è un sentimento acritico e come tale può essere rivolta a cose buone, ma anche a cose pessime. Per questo non mi sento vincolato ad alcuna fedeltà a Bersani e ora che il suo tentativo è fallito, credo sia doveroso criticarlo. Perché in politica alla fine il pensiero critico deve avere la meglio sui sentimenti. 
Bersani ha sbagliato, rovinosamente. Ha perso elezioni "imperdibili" in ogni senso. Le ha perse lui, perché era suo il nome, sua la responsabilità. E' naufragato in campagna elettorale, ripetendo in peggio i soliti errori di comunicazione e sottovalutazione degli avversari. Ha perso perché il suo progetto politico mancava di visione, coraggio e innovazione. Ha sbagliato anche in seguito, non dimettendosi il giorno dopo le elezioni. E qualcuno dovrà dirla questa cosa, perché non torneremo mai in sintonia con gli elettori se non ci abituiamo che quando perdi una elezione così hai solo la strada delle dimissioni immediate. E non facciamo i tattici e non facciamo i doppiogiochisti della morale: ovunque in Europa i leader che avessero preso una simile scoppola si sarebbero dimessi. Non dimettendosi e intestardendosi Bersani ha reso complicatissima la possibilità per il PD di formare un governo con un proprio uomo "d'area" che si sarebbe potuto presentare con proposte più chiare e come rappresentante della società civile: Boldrin e Grasso insegnano. Invece Bersani, indebolito e logorato  ha voluto ugualmente per se l'incarico esplorativo, offrendo un alibi al Movimento Cinque Stelle per non trattare e per maltrattarci, in nome della lotta alla kasta e alla partitocrazia. 
Spero che oggi sia la giornata di queste dimissioni. Non mi importa se non è il momento, se non sono tattiche, se al posto di Bersani ci sarà una reggenza di Letta, di Franceschini o di chissà chi ( che poi il vicepresidente è Scalfarotto..). Le dimissioni sono un gesto simbolico necessario per avviare immediatamente un percorso verso il congresso.
Ringrazio comunque Bersani, uomo onesto e segretario democratico, che ha accettato la sfida delle primarie. Spero resti a disposizione del partito. Ma non in primo piano. Se lo farà, lo stimerò ancora di più. 



27/03/13

Sorsi di cicuta, morsi di vipera


Il cittadino Socrate si bevve la cicuta, pur essendo innocente. Si difese in tribunale ma fu condannato a morte sulla base di accuse populiste e demagogiche. Fu sollecitato a fuggire dai suoi amici, scandalizzati dall'assurdità della condanna e preoccupati di vedere morire un uomo innocente. Ma Socrate rifiutò perché, disse "è meglio subire un' ingiustizia piuttosto che farla". 
Dopo l'esito delle consultazioni e specialmente dopo l'incontro con il MS5 di oggi penso che il PD dovrebbe prendere esempio da Socrate. Ciò significa estendere fino al parossismo il concetto di responsabilità, accettando di sostenere, dall'esterno, un governo guidato da persone scelte dal Movimento
Ciò significa rispondere ai morsi di vipera di Grillo con un gesto rivoluzionario, pericoloso e coraggioso. Dare una prima fiducia all'esecutivo, a condizione che presenti persone credibili, e pretendere che in seguito la fiducia non venga più posta e i provvedimenti siano discussi in aula, punto per punto.
Un grande rischio, per il partito democratico e per il Paese. Ma anche la mossa che scompiglia le carte, che toglie ogni alibi e soprattutto che permetterebbe di rispondere alle urgenze economiche e politiche.
Perché "è meglio subire un'ingiustizia piuttosto che farla".  Nuove elezioni, o un accordicchio con PD/PDL sarebbero una grande ingiustizia per gli italiani.

24/03/13

Tradimento,tradimento!

Una donna, che chiameremo Base, torna a casa e becca il marito, che chiameremo Pd, a letto con un'amante. Quale scusa consigliate al marito?
A) amore guarda come é inguardabile e brutta. Non potrei mai scambiarla con te. E poi é cosi insignificante. Avevo solo bisogno di superare un momento di crisi e ho scelto una che lascio quando voglio. ALLEANZA CON LA LEGA
b) amore guarda come é giovane e rozza. Non potrei mai sostituirla con te. Volevo insegnarle l'educazione, ma poi mi ha sedotto e ci sono cascato. ALLEANZA CINQUE STELLE
C) amore guarda come é vecchia e screanzata. Credi davvero che possa innamorarmi di una che ho sempre odiato? Ci sono andato a letto solo per dispetto. ALLEANZA PDL.
D) amore non é come sembra. Io dormivo tranquillo,quando quel ragazzaccio mi ha messo nel letto questa sporcacciona e non ho resistito alla tentazione. ACCORDO PDL PROPOSTO DA RENZI
E) amore che dici? Stavamo solo dormendo. ACCORDO CON TRANSFUGHI PDL E LEGA
F) amore, é lei che mi si é offerta perché sono irresistibile. Che cosa posso farci? ACCORDO CON TRANSFUGHI M5S.
G) ok ho fatto una cazzata. Sono in crisi,il nostro rapporto é in crisi e anche tu da tempo non mi ami molto. Proviamo a ricominciare in modo serio? RITORNO ALLE URNE

Ps.
H) amore guarda a me di te non importa nulla. Volevo farmi l'ultimo giro di giostra e chi s'é visto s'é visto.

22/03/13

Non Post. Spunti per una riforma del PD



SPUNTI PER UN RIFORMA DEL SISTEMA ORGANIZZATIVO E DEL METODO DI GOVERNANCE DEL PARTITO DEMOCRATICO

Dopo la mancata vittoria elettorale il Partito Democratico è chiamato a ragionare su un duplice orizzonte temporale. Da un lato l'urgenza di una soluzione politica che consenta di governare. Dall’altro la necessità di ridefinire la propria struttura e il modello di governace.   
All'interno del partito è in corso un dibattito, anche aspro, sulla riforma della proprie strutture. Confronto   importante anche perché il PD sin dalla nascita è stato portatore di importanti innovazioni riguardanti la forma partito. Novità  che hanno contribuito ad influenzare l’intero quadro politico, a partire dalla definizione di un sistema maggioritario (scompaginato dall’ultimo risultato elettorale) e dall’introduzione delle primarie aperte per la contendibilità della leadership (sia quelle di partito sia quelle relative alla premiership).
Prendendo in considerazione l’ultimo periodo, i principali sostenitori di proposte innovative relative alla forma-partito sono indubbiamente Matteo Renzi e Giuseppe Civati, le cui differenti visioni sono state plasticamente rappresentate nel corso dell’ultima direzione nazionale. Assemblea che Renzi ha polemicamente abbandonato, con la chiara intenzione di smascherare l’ipocrisia e l’inutilità dell’attuale forma di governance. Un atteggiamento legittimo e coerente con la campagna delle primarie, in cui Renzi ha giocato tutte le sue carte sulla ricerca del consenso al di fuori della dirigenza e del partito, per rivolgersi direttamente ad un bacino ampio di simpatizzanti. Se è vero che questa partita è risultata al momento perdente sul piano interno, non altrettanto si può dire sul piano elettorale, e non solo perché non se ne ha la riprova. L’ipotesi di un partito di impronta americana, per molti versi simile ad un comitato elettorale che ruota intorno a personalità capaci di allargare il perimetro del consenso oltre il tradizionale bacino elettorale, esce infatti rafforzata dalla sconfitta del PD, che dimostra l’insofferenza italiana verso un governo di sinistra-centro.  La proposta di Renzi in merito all’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti costituisce il corollario logico di questa visione, perché solo un partito “leggero” è in grado di affrontare una simile riduzione della spesa e allo stesso tempo di attrarre finanziamenti privati. Si tratta di un partito con minore forza pervasiva, ma anche capace di alleggerire la “pressione” e l’occupazione della società ontologicamente esercitata da partiti più strutturati.
La posizione di Civati, che ha messo al centro del proprio intervento in direzione la necessità di ammodernare il partito e il suo linguaggio politico, si muove in un’ottica “riformista” laddove Renzi ha scelto un approccio “massimalista”. Da tempo Civati ha avanzato proposte di rinnovamento, prima scommettendo su una nuova stagione di civismo e di allargamento della partecipazione della società civile nel dibattito e nella vita del PD, ad esempio con l’invenzione del format di Prossima Italia (che segnò il culmine ma anche la fine di un progetto condiviso con Renzi). Avvertendo il pericolo della ripiegamento del PD su sé stesso, Civati è stato fautore di una costante apertura del PD sia verso la società civile sia verso gli altri partiti che si collocavano nel campo del centro-sinistra, sostenendo le cosiddette alleanze “arancioni” e tentando anche il dialogo con il movimento a cinque stelle. In seguito il tentativo riformista si è concentrato sulla restituzione del potere di scelta e di decisione ai tesserati e ai simpatizzanti. La proposta di utilizzare i referendum consultivi interni- le cosiddette doparie- su temi cruciali del partito –diritti, ambiente, spese militari, ecc – ne costituisce un esempio lampante. Anche la principale vittoria politica del gruppo civatiano va in questa direzione, avendo per primo teorizzato e fortemente caldeggiato l’introduzione delle primarie per i parlamentari, in attesa di una riforma elettorale che restituisca agli elettori il potere di scelta dei propri rappresentanti.
All’interno di questo quadro, la “strana dualità” del PD tra il ruolo di segretario e di candidato premier potrebbe costituire una risorsa, piuttosto che un problema. Il partito potrebbe strutturarsi secondo un modello civatiano (che comprende una riduzione e una trasparenza assoluta delle spese),  accettando tuttavia il modello dei “comitati elettorali” di stampo renziano per la contendibilità del ruolo di candidato alla presidenza. Perché se da un lato risulta evidente che in questa fase il centro-sinistra italiano (ma anche europeo) ha bisogno di centri di elaborazione per progettare il proprio futuro, quali solo un partito organizzato può garantire, altrettanto vero è che la conquista della maggioranza passa necessariamente attraverso l’ampliamento del proprio bacino elettorale e la selezione di un candidato dotato di capacità di forti capacità di leadership. La duplicazione dei ruoli e delle funzioni,  corredata da una norma sull’incandidabilità al ruolo di premier per il segretario di partito, consentirebbe di rafforzare la capacità di elaborazione politica del PD e allo stesso tempo di superare la ricorrenti difficoltà nell’affrontare la campagna elettorale.
La definizione di questo scenario non esclude, ma anzi implica, la necessità di una riforma della governace di partito. Questa riforma complessa dovrebbe incardinarsi, a mio parere, su due punti:
  • La ridefinizione del ruolo di segretario e, conseguentemente, dei compiti delle assemblee
  •  La ridefinzione delle procedure del metodo di discussione e decisione.

  • Per quanto riguarda il primo punto, il ruolo del segretario dovrebbe essere riformato prendendo quale punto di partenza l’esperienza del partito “liquido” veltroniano. La “restaurazione” del partito tradizionale imposta da Bersani ha infatti dimostrato, a più riprese, le sue lacune, sia nell’incapacità di dialogo e attrattività verso la società civile, sia nella selezione della classe dirigente. Il PD ha la necessità di trovare un nuovo modello di confronto sia al proprio interno sia con l’esterno, in primo luogo trovando un “coordinatore” capace di costituire e rafforzare le reti, di ottimizzare i flussi di comunicazione e di ridefinire in senso orizzontale i processi decisionali. Parlare di coordinatore invece che di segretario significa anche identificare con maggiore precisione la figura “professionale” di cui si ha necessità e i relativi skill. Il coordinatore deve essere un primus inter pares, un facilitatore del discorso, capace di individuare i temi strategici di discussione, di definire i tempi, le priorità e modalità di tale confronto.  Al coordinatore non spetterebbe invece, a differenza di adesso, il compito di sintesi finale e di decisione delle diverse proposte, poteri che dovrebbero essere trasferiti alle assemblee e agli organi dirigenti competenti. Questo cambiamento delle funzioni dovrebbe necessariamente essere trasferito a tutti i livelli intermedi del partito, dai segretari regionali a quelli di circolo. Il fallimento della formula “veltroniana” rende necessari due corollari a tale trasformazione delle funzioni: il mantenimento della dualità (di cui sopra) e la distinzione tra voto di fiducia e voto sui singoli provvedimenti.  Il mantenimento della dualità mette intatti al riparo il coordinatore dall’accusa, che fu ricorrente, di mancanza di “carisma” e “personalità” in quanto tali funzioni di leadership sarebbero incarnate dal candidato premier.
  • La distinzione tra fiducia e voto sui singoli provvedimenti  è la premessa della ridefinizione dei metodi di discussione e decisione. Il coordinatore in quanto organizzatore della “contesa” non sarebbe messo infatti in discussione dall’esito delle votazioni relative agli indirizzi strategici del partito. Nell’ambito delle discussioni, alle quali potrebbe ovviamente partecipare, il suo peso politico dovrebbe essere esattamente equivalente a quello degli altri membri dell’organo collegiale investito della decisione. La fiducia nei suoi confronti dovrebbe essere espressa solo in relazione alla sua capacità di coordinamento e non sulla sua linea politica, la quale sarebbe decisa di volta in volta dagli organi assembleari. Tale soluzione dovrebbe allo stesso tempo liberare la discussione da quell’ipocrisia di fondo e dalla stagnazione conseguente all’organizzazione per correnti. Nell’ambito delle discussioni infatti l’unica posta in palio sarebbe quella sull’argomento in oggetto, poiché il coordinatore non avrebbe il problema di trovarsi in minoranza e la sfiducia potrebbe realizzarsi solo tramite una specifica richiesta di voto su questo argomento. A loro volta i rappresentanti degli organi dirigenti dovrebbero sentirsi “liberati” da questa modalità di decisione. Il tema della “fedeltà” e dell’appartenenza ad una corrente dovrebbe essere svuotato di significato, dato che le maggioranze e minoranze potrebbero essere variabili e trasversali, a secondo dei temi, senza che ciò leda l’immagine del partito. Le votazioni dovrebbero essere l’obiettivo di ogni riunione assembleare e la discussione lo strumento attraverso il quale sviluppare una “battaglia di idee” e attraverso il quale far emergere gli oratori più brillanti e più innovatori, secondo un antichissimo quanto insuperato schema dialettico. 

La riforma del metodo richiede infine al coordinatore un’altra capacità, che potremmo definire come tempismo. Tempismo inteso come capacità di comprendere rapidamente quali sono i temi da portare in discussione e in quali sedi. In questo senso il coordinatore potrà “trattenere” a sé una parte rilevante di argomenti ( quelli che richiedono risposte immediate o quelli sui quali sono già state assunte delle decisioni), ma potrà anche decidere quali temi richiedono solo la votazione della direzione nazionale, quali quella delle assemblee e quelli per i quali sia necessaria una consultazione popolare, ricorrendo al sistema delle doparie. Una selezione di priorità in cui però venga posto l’accento sull’ampliamento della platea dei votanti, per rispondere alla necessità di partecipazione e protagonismo degli attivisti e dei simpatizzanti del partito.